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Riparte una generosa azione per i nostri ghepardi salvati dal traffico clandestino destinato alla Penisola Arabica

Cari Amici,

Mark Natt , il Program Manager del CCF in Somaliland, ci relaziona sulla costruzione del nostro Centro di Soccorso e Conservazione in Somaliland – il Cheetah Rescue and Conservation Centre (CRCC). Il CRCC diventerà il nuovo Santuario per i ghepardi confiscati al commercio illegale che si trova in un’area di 800 ettari a Geed-Deeble, una riserva alberata a circa due ore da Hargeisa.

Quando sarà terminato, il CRCC, oltre ad ospitare la riserva dei ghepardi e una clinica, comprenderà strutture di formazione professionale ed istruzione che prepareranno studenti, insegnanti, pastori, addetti alla fauna selvatica, ranger ecologici, oltre al personale locale. Inoltre il CRCC sarà disponibile per giri turistici che educheranno la popolazione del Somaliland ed i turisti internazionali sugli ecosistemi del Paese e sulla fauna selvatica autoctona.

La nostra squadra di veterinari e guardiani dei ghepardi in Somaliland si sta occupando di 86 ghepardi ( e un leopardo) !Gli animali sono stati confiscati negli ultimi tre anni in Somaliland grazie alla stretta collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e del Cambiamento Climatico (MoECC). Nonostante i nostri sforzi, molti cuccioli non sopravvivono. Quasi tutti richiedono cure veterinarie di emergenza al loro arrivo. A volte sono talmente piccoli, deboli, malnutriti e infestati dai parassiti, che il personale li deve costantemente seguire in aree dedicate alla quarantena così da nutrirli ogni tre ore.

Il personale si dedica giorno e notte a questi piccoli ghepardi che si trovano ad un bivio cruciale: o sopravvivere, o estinguersi.

Il commercio continua, e noi possiamo solo aiutare come possiamo.

Stiamo preparando attrezzi da sala veterinaria operatoria, farmaci, calcio, casse da trasporto e tanti oggetti destinati al Somaliland, tanto che siamo stati chiamati “ gli angeli custodi” del Centro di Hargeisa.

Speriamo di spedire tutto nei prossimi 30 giorni, con il container che partirà alla volta di Addis Abeba, per poi arrivare ad Hargeisa.

Siamo in contatto costante con Mark Natt, che lavora con la moglie Stéphanie giorno e notte.

A tutti gli Amici, grazie per qualsiasi donazione. Tutto serve.

Betty, Maurizio, Andrea, Raffaella, Laura, Roberta

CCF italia

Gli ultimi tre cuccioli salvati al largo del Somaliland. Purtroppo uno non è sopravvissuto (19.5.2022)
Mark Natt

Raddoppiate il vostro impatto sui nostri sforzi in Somaliland , nelle terre dei ghepardi, donando OGGI. Un donatore generoso raddoppierà le donazioni fino a $5,000 –
MINI Campagna di Raccolta Fondi : i link:
Facebook: https://www.facebook.com/donate/342177121340322/
Sito Web: https://cheetah.org/mini-campaign/


This is Namibia!


Noi non facciamo miracoli, ma con il vostro aiuto, ci andremo vicini….

Cari Amici dei ghepardi,

Nel video che segue potrete vedere una realtà dell’India…una coppia che ha acwiitstpo terra per tenerla incolta… il risultato è sbalorditivo!

twitter.com/wildlifeday/status/1310846271943372800


Comunicato Stampa del CCF sulla reintroduzione dei ghepardi in India

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UNA VOLONTARIA AL CCF IN NAMIBIA – di ROSI CAMA

Cheetah Conservation Fund, agosto 2019

Quattro giorni in compagnia dei ghepardi

 

Avete mai guardato un ghepardo negli occhi? A me è capitato anni fa in Sudafrica, e da allora ne sono rimasta affascinata. Non tanto per la sua naturale eleganza. E neppure per quella lunga pennellata nera che ne solca il muso come una lacrima. Né per la sua docilità che, purtroppo, ne fa tra i grandi felini un ambito status symbol per i ricchi possidenti arabi.

Mi ha colpito invece la profondità del suo sguardo ambrato, che lascia trapelare tutta la fragilità di uno dei più grandi carnivori del pianeta. Questo animale, l’ultimo del genere Acinonyx, come molte altre specie viventi lotta ogni giorno per la sua sopravvivenza, in un ecosistema sempre più minacciato dall’ingombrante presenza umana.

Se ho occhi per guardarla, la perfezione della natura ci circonda in tutta la sua bellezza. Ne dipendiamo, ma non la custodiamo. O almeno non abbastanza. È ora di scendere in campo – penso – e di fare qualcosa. Sarà pure una goccia nell’oceano, ma tante gocce finiscono per scavare anche la roccia. Perché non partire proprio dal ghepardo?

 Così, lo scorso febbraio non mi faccio sfuggire una conferenza all’Università di Veterinaria di Lodi su questi magnifici felini, tenuta da una certa dott.ssa Laurie Marker. Sul volantino di presentazione c’è scritto che è una delle massime esperte di ghepardi al mondo. Fondatrice del Cheetah Conservation Fund (CCF), sta girando l’Europa promuovendo la causa dei ghepardi. La incontro cinque minuti prima dell’inizio con Betty Von Hoenning, che presiede il CCF Italia. Giusto il tempo di presentarmi: lavoro in un settimanale che si occupa di Veterinaria e scriverò un articolo sull’incontro. Il resto è venuto quasi da sé…

 

Sei mesi dopo sono su un aereo diretto a Windhoek, la capitale della Namibia, a più di 8000 km da Milano. Avrò solo quattro giorni per capire di più sul CCF e sul suo mondo. Due decido di viverli come turista e due da volontaria. Un breve ma intenso assaggio di quanto il Centro offre ai visitatori che da ogni parte del mondo bussano alla sua porta. Nella Regione di Otjiwarongo, a quattro ore da Windhoek, lascio la strada principale asfaltata diretta a nord, e ne imbocco una sterrata che mi porterà dritto al CCF.

In lontananza, da un infinito tappeto verde di bassa boscaglia, si erge l’altopiano del Waterberg, che dall’alto dei suoi 1500 metri segna il naturale confine della riserva. 

 

Ci arrivo verso le due del pomeriggio e sono accolta da sorrisi gioviali al Centro visitatori, gremito di turisti. È l’ora del pasto dei ghepardi.

Sono attratta come un magnete da una calamita verso reti metalliche oltre le quali sagome sinuose si muovono irrequiete avanti e indietro, in attesa del loro banchetto quotidiano. Mi trovo a pochi metri da loro. Che animali stupendi! Verrebbe voglia di accarezzarli come fossero gattoni, mentre ti guardano con i loro profondi occhi ambrati. Invece no. Selvatici sono e selvatici devono rimanere. Questa è la loro vita. Ecco perché il CCF rilascia in natura soltanto quelli che mantengono il loro stato selvatico, nonostante la cattura. Gli altri, che non hanno potuto imparare a cacciare dalle loro madri, spesso uccise, o che si sono troppo abituati alla presenza umana, sono destinati a rimanere nel Centro, testimoni viventi della bellezza e dell’importanza di una specie che sta rischiando di scomparire dalla faccia della Terra. 

 

Per questo motivo in fondo sono qui. Voglio passare dalle parole ai fatti per contribuire come posso a salvaguardare questo piccolo tassello del grande puzzle della natura, che riesce ancora a stare insieme, nonostante noi umani. Lavorando al CCF ci si sente parte di un grande progetto, perseguito con tenacia e dedizione da più di 20 anni da Laurie Marker e da tutti coloro che negli anni l’hanno sostenuta nei modi più diversi. 

 

Il turismo è uno di questi. Alla reception del Centro mi spiegano le diverse attività proposte e decido di farne il più possibile: visito il CCF con una guida, osservo gli animali liberi nella riserva chiamata “Little Serengeti”, con tanto di aperitivo sul cofano della jeep al tramonto per contemplare il sole che si inabissa dietro la savana. E poi partecipo alla “corsa deighepardi”. Un’occasione unica per vedere una fiera di quasi 70 chili di peso raggiungere in pochi secondi velocità impressionanti (fino a 113/km orari), da nessun altro animale eguagliate in natura. 

 

Tra un’attività e l’altra, curioso nel museo del centro dedicato al ghepardo e al suo ecosistema. Tra i molti che ho potuto sinora visitare, devo dire che questo piccolo centro educativo è uno dei migliori per completezza e chiarezza delle informazioni, anche a portata di bimbo. A conferma che l’educazione, insieme alla conservazione e alla ricerca, è uno dei tre fiori all’occhiello del CCF. 

 

Alle sei di sera l’oscurità avvolge ogni cosa e così riprendo fiato nel mio confortevolissimo Lodge, godendomi dall’ampia terrazza lo spettacolo del bush namibiano che si perde all’orizzonte. Ogni tanto, tra gli alberi, saetta qua e là qualche facocero…

Quando la fame si fa sentire, mi dirigo al ristorantino costruito su una collina che domina il paesaggio, tinto di rosso dal sole infuocato. E assaporo gustose pietanze condite con la gentilezza del personale.

 

In un batter d’occhi passano i primi due giorni. È ora di indossare i panni della volontaria. La mattina mi aspetta una maglietta del CCF nuova di zecca, con cui entro a far parte ufficialmente della grande famiglia dei volontari. Raggiungo il quartier generale con gli uffici dello staff e la clinica veterinaria. Un tabellone riporta tutte le attività del giorno, con orari e nomi di chi dovrà occuparsene. Il mio compare in quasi tutte. Così mi ritrovo a preparare il cibo per i ghepardi e per i cani del Centro, partecipando poi al rituale del loro nutrimento, in compagnia di attenti coordinatori e di alcuni volontari. 

 

Verso l’imbrunire partiamo a bordo delle jeep per il “Little Serengeti” a “caccia” di animali. Si tratta del game count, che consiste nel censire tutti quelli che riusciamo a vedere, armati di binocolo, specificandone specie, sesso, distanza, posizione e numero, in modo da avere il polso della situazione sugli abitanti della riserva. Ne vediamo diversi: antilopi di ogni tipo, tra le quali gli splendidi orici e i maestosi kudu, struzzi, sciacalli, facoceri, diversi pennuti e, colpo di scena, persino un oritteropo, un curioso animaletto che sembra uscito da un film fantasy. 

 

Il giorno seguente, la scena cambia e mi ritrovo con i veterinari del Centro a sterilizzareBella, un ghepardo femmina divenuta troppo attraente per i maschi suoi conviventi. In Namibia, la riproduzione in cattività dei grandi felini è infatti vietata. Mentre Bella dorme, posso finalmente accarezzarne il folto pelo maculato, un tentativo di esprimerle tutto il mio riconoscimento per il fatto sesso di esserci. 

 

Nel pomeriggio, ancora tutti in jeep, questa volta con destinazione licaoni, i cani selvatici africani purtroppo in grave pericolo di estinzione: il CCF si occupa anche di loro per conto del governo. Appena li vediamo, queste specie di incroci tra cani, lupi e iene dalle grandi orecchie, ci vengono incontro emettendo strani suoni. Li ammiriamo dietro le reti. Ma non sono agnellini…hanno un’efficacia di caccia del 95%, in altre parole, la loro preda non ha quasi mai scampo. I veterinari prelevano campioni di sangue da analizzare e noi volontari partecipiamo alle operazioni di cattura di ogni animale.

 

Tornati al centro, ci aspetta una bella camminata in compagnia di altri di tipi canidi, i Pastori dell’Anatolia, possenti guardiani del bestiame allevati al CCF per aiutare gli allevatori a tener lontani i predatori, con ottimi risultati.

 

L’ora di cena non tarda ad arrivare. Volontari e staff ci si ritrova tutti nel basso caseggiato della mensa. Intorno a lunghi tavoli di legno, all’aperto, un’umanità variegata trova posto. Scambio esperienze e condivido pezzi di vita con Africani, Europei e Americani. Ognuno di noi appartiene a culture diverse, ma tutti siamo accomunati dall’amore per quello splendido miracolo della natura che è il ghepardo. Vogliamo che continui a vivere, come del resto lo vogliamo per l’intero nostro pianeta e per i suoi abitanti, umani e non. Vedendo all’opera i miei compagni e le persone dello staff, resto colpita da quanta passione, attenzione e competenza ognuno mette in ciò che fa. C’è consapevolezza dell’importanza del compito, perché salvare i ghepardi dall’estinzione è in fondo uno dei tanti modi per salvare anche noi stessi.

 

Arrivederci CCF, per quest’anno il mio tempo è scaduto. Torno in Italia ricca di nuove esperienze, emozioni, conoscenze e incontri. E nello sguardo, i colori e i profumi dell’Africa. Grazie CCF. Non ti dimenticherò…a presto!

 

Rosi Cama


Ecco un piccolo momento della trasmissione CNN in Somaliland.

25 cuccioli confiscati e affidati al CCF sono stati trasmessi alla CCN il 17 agosto. La SAFE HOUSE (Rifugio Sicuro) non è sufficiente.

Dice la Dr. Marker: “Chi vende questi cuccioli, li condanna all’estinzione. I ghepardi devono vivere in libertà”.

Aiutate il CCF a salvare questi animali speciali.

Somaliland- Ginevra agosto 2019

http://www.cheetah.org

http://www.ccf-italia.org

Cliccate qui sotto per il video:

twitter.com/camanpour/status/1162341376522145792


Una bella intervista di due giorni fa con LAURIE MARKER! (In inglese)

Appena rientrata da Somaliland, Laurie si è già rimessa al lavoro. Oggi vi trasmettiamo una intervista telefonica del 6 settembre, in diretta da Otjiwarongo, Namibia.

Buon ascolto!

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Diamo più voce ai ghepardi di Patricia Tricorache

Diamo più voce ai ghepardi
Patricia Tricorache
CCF BLOG

Da quando il CCF è venuto a conoscenza dell’impressionante volume di ghepardi vivi contrabbandati dal Corno d’Africa, con il commercio illegale di animali domestici ben 13 anni fa, abbiamo cercato di saperne molto di più. Sapevamo che dovevamo provare che il problema esisteva, e abbiamo iniziato a raccogliere dati che sarebbero stati utili a dimostrare i fatti. I nostri dati sono stati cruciali per sollevare la questione nell’ambito degli organismi internazionali, così da introdurre il commercio illegale di ghepardi nell ‘agenda della 16. Conferenza delle Parti CITES nel 2013. Da allora, il CCF ha fatto immensi sforzi per creare partenariati. Il nostro obbiettivo: essere certi che il ghepardo abbia una voce….tanto meglio se più forte.

Il traffico illegale di parti di animali, siano esse di avorio di elefanti, corni di rinoceronte, scaglie di pangolino o ossa di tigre, ha attratto l’attenzione del pubblico perché le immagini di animali morti colpiscono veramente il cuore. Tuttavia, poco si sa del’impatto sulla conservazione degli animali commercializzati, sia che si tratti di commercio di animali da compagnia, o destinati a zoo privati o da intrattenimento. Nel caso dei ghepardi, nel momento in cui un cucciolo di pochi mesi viene strappato alla natura, le probabilità che possa ritornare alla vita selvatica sono pari a zero. Anche se esercitati alla caccia, i cuccioli orfani non avranno le abilità che solo una madre può insegnare, come riconoscere i suoi nemici, cercare l’acqua o creare il proprio areale. Inoltre, poiché i cuccioli sottratti alla natura illegalmente sono giovanissimi, tra le 6 e le 10 settimane di età, devono essere allevati dall’uomo. Di conseguenza, si abituano all’uomo e se vengono liberati, possono avvicinare gli insediamenti umani, creando l’occasione di conflitti tra umani e animali selvatici.

Noi del CCF crediamo che oltre a curare i ghepardi che vengono sequestrati al traffico, dobbiamo porre fine a questo commercio, occupandoci di un aspetto cruciale: sensibilizzare globalmente sulle minacce che il commercio costituisce per la sopravvivenza del ghepardo, e non possiamo agire da soli. Per questo motivo, puntiamo ad agire attivamente a livello locale, nazionale ed Internazionale con le sedi istituzionali competenti, il che ci permette di scambiare informazioni e creare cooperazione. Dobbiamo concentrarci su tutti i settori che possono prendere misure contro il commercio di animali selvatici, includendo non solo i governi e le organizzazioni internazionali (IGO), bensì anche quelle non governative (ONG). Puntiamo anche al settore privato. Esploriamo alternative quali le banche che devono assumere un ruolo più attivo contro il traffico di animali selvatici tramite il monitoraggio di transazioni finanziarie sospette, e passiamo ore ed ore esaminando la Rete in cerca di mercati e social per individuare avvisi e pubblicità di vendite di ghepardi vivi.
La nostra ricerca cibernetica ci ha dato la possibilità di incontrare altri attori preoccupati e ci ha aperto le porte alla illustrazione del problema dei ghepardi.

Il 5 e 6 giugno ho avuto il privilegio di intervenire nel seminario Cyber-Enabled Wildlife Crime a ,Lione, in Francia, ospitato dall’INTERPOL e dal nostro partner di lunga data, l’ International Fund for Animal Welfare (IFAW). L’importanza di questo seminario non può essere abbastanza sottolineato, in quanto comprendeva partecipanti dei più svariati settori: società tecnologiche online, agenzie delle forze dell’Ordine, politici e decisori politici,ONG, oltre che accademici. Ho imparato così tanto su società di IT come eBay, Etsy, Facebook, Google, e Instagram; da IGO quali I partner ICCWC INTERPOL, CITES e UNODC (United States Office for Drugs and Crime), e anche dalle nostre partner ONG quali IFAW, WCS (Wildlife Conservation Society) e WWF/TRAFFIC.
Grazie a questo seminario, ogni settore ha avuto la possibilità di condividere informazioni su ciò che facciamo, come lo facciamo, e perché. Abbiamo potuto anche discutere delle nostre necessità, e le opportunità potenziali di collaborazioni trasversali tra diversi settori e le migliori prassi. Comprendere gli ostacoli che dobbiamo affrontare quando facciamo il nostro lavoro è cruciale. Gli ostacoli possono spaziare da problemi di privacy e dì sicurezza, fino a leggi nazionali inadeguate e il numero incredibile di specie animali e vegetali (più di 30.000!) elencati negli allegati CITES, di cui molti vengono commercializzati via Internet illegalmente, mentre altri possono essere venduti legalmente in circostanze particolari.

A conclusione dei due giorni di incontro, tutti noi ci siamo lasciati con una maggiore conoscenza e volontà di miglioramento delle comunicazioni e della collaborazione, avendo tutti individuato che questa esiste. Ci siamo anche accordati sul fatto che è necessario comunicare tra settori scambiando informazioni, perchè queste possono contribuire ad aumentare la sensibilizzazione trasversale traconsumatori e management. Infine, tutti hanno riconosciuto la necessità di un uso più efficace delle risorse già alquanto limitate. Il lavoro è appena iniziato.

Subito dopo il seminario INTERPOL, ho fatto una breve deviazione per incontrare i colleghi del Corno d’Africa, (HoA), partecipando ad una riunione all’Aja. Il Corno d’Africa è al centro delle nostre preoccupazioni quando si tratta di combattere il commercio illegale di ghepardi, perché molti ghepardi selvatici vengono contrabbandati dall’Etiopia attraverso la Somalia per poi riversarsi sulla Penisola Arabica. La breve visita mi ha permesso di essere aggiornata sulla creazione del Horn of Africa Wildlife Enforcement Network, o HAWEN, che sarà un partner essenziale per i nostri sforzi in quella regione. HAWEN è stato istituito lo scorso novembre con il sostegno di attori cruciali che comprendono IFAW, la sede nazionale dell’IUCN dei Paesi Bassi e il governo nederlandese.

Durante entrambe le riunioni, ho ribadito il profondo impegno del CCF nella lotta al traffico illegale di animali selvatici, così come la nostra disponibilità a continuare a collaborare con tutti gli attori secondo le nostre risorse. Il nostro obbiettivo è quello di far sì che la voce del ghepardo risuoni in tutte le persone e istituzioni che avremo l’occasione di incontrare.

Patricia Tricorache d